Il fatto più sorprendente...



Il fatto più sorprendente...

Il fatto più sorprendente è sapere... che gli atomi che compongono la vita sulla Terra, gli atomi che costituiscono il corpo umano sono riconducibili a croglioli che hanno cucinato elementi leggeri facendoli diventari elementi pesanti, nel loro nucleo a pressioni e temperature estreme. Quelle stelle, quelle di massa elevata, divennero instabili alla fine dei loro giorni colassarono e poi esplosero spargendo le loro interiora arricchite attraverso la galassia... viscere composte di carbonio, azoto, ossigeno e tutti gli ingredienti fondamentali della vita stessa. Questi ingredienti diventano parte di nubi di gas le quali condensano, collassano, creano la successiva generazione di sistemi solari: stelle con pianeti orbitanti. E questi pianeti ora contengono gli ingredienti della vita stessa. Quindi quando guardo il cielo notturno e so che sì, siamo parte di questo universo, siamo in questo universo, ma forse più importante di entrambi questi fatti è che l'Universo è in noi.





Test per intolleranze alimentari? No, grazie!

 di Giorgio Pitzalis (Medico Pediatra Nutrizionista da www.giustopeso.it)

Il filosofo Ludwig Feuerbach aveva ragione: noi siamo quello che mangiamo. Il problema è che mangiamo troppo e senza troppa attenzione alla qualità. Parliamo di junkfoods: un panino di grano tenero con prosciutto e senape  contiene non meno di tredici additivi (emulsionanti, agenti trattanti, stabilizzatori, regolatori di acidità), indicati sulla confezione con una «E» seguita da un numero; un pacchetto di patatine contiene esaltatori di sapidità (glutammato monosodico e ribonucleotide di sodio); una lattina di bevanda gassata all'arancia contiene solo l'8% di succo d'arancia e il resto è sciroppo di glucosio-fruttosio, zucchero, aspartame, saccarina, conservante, aroma e colorante.
Così, ogni anno, nei paesi industrializzati, finiscono nell’organismo di ognuno di noi 6-7 chili di additivi alimentari. Di questi solo il  10% servono alla conservazione del cibo. Il restante 90% è rappresentato da quelli conosciuti come “additivi cosmetici”: aromatizzanti, coloranti, emulsionanti (per rendere il cibo più  omogeneo nella nostra
bocca), addensanti e dolcificanti. Sono queste le sostanze che più preoccupano e che possono determinare disturbi alla nostra salute. Infatti sintomi come cefalea, alitosi, irritabilità, sonnolenza, prurito, tosse, insonnia, dolori addominali, afte, diarrea (e molte altre) sono sempre più frequenti. La soluzione sarebbe scontata: imparare a mangiare. Ma forse è troppo banale o troppo difficile. E’ a questo punto che veniamo colti da un dubbio sempre più diffuso: e se avessi una intolleranza alimentare? Ed ecco che il “tam tam” ci
conduce di fronte a medici o presunti tali che ci sottopongono a test singolari e ci propinano le diete più bislacche. Sempre più frequentemente capita di vedere pazienti (adulti e bambini) sottoposti ad indagini "non convenzionali" per la diagnosi di allergia e/o intolleranza alimentare. La maggior parte delle volte èstato il classico "passa parola" a suggerire ai pazienti l'approccio a tale  metodiche; purtroppo a volte sono proprio i medici a indirizzare i malcapitati verso “le  brughiere” delle intolleranze alimentari.
Queste, per la medicina ufficiale, individuano tutte le reazioni avverse ad un alimento non dovute ad azione tossica e che, a differenza dell'allergia, si verificano senza il coinvolgimento del sistema immunitario (meccanismi farmacologici, enzimatici o sconosciuti). Ne consegue che questa diagnosi viene applicata ai disturbi più vari: irritabilità, insonnia, inappetenza, obesità, scarsa crescita, malessere, ecc., in cui quasi mai c'è alcuna evidenza scientifica di rapporto causale con  gli alimenti. Diversi sono i test che non hanno ragione di esistere: 1)  test kinesiologico -valutazione "soggettiva" della forza muscolare mentre il paziente  tiene in mano un contenitore di vetro con l'alimento da testare. 2) Test di provocazione/neutralizzazione - sottocutanea o sublinguale: consiste nella somministrazione dell'alimento sospetto, per la stessa via e a dosi molto inferiori di quelle che nella prima fase hanno evocato la sintomatologia, allo scopo di neutralizzarne
i sintomi. 3) Test elettrodermico (EAV, Vega test): si baserebbe su variazioni del potenziale elettrico cutaneo in seguito al contatto con alimenti non tollerati. 4) Test citotossico (cytotest, ALCAT-test): si valutano i cambiamenti nella morfologia dei leucociti posti su un vetrino, dopo l'aggiunta dell'alimento. 5) Biorisonanza: usa un apparec-chio che sarebbe in grado di filtrare le  onde "negative" emesse dall' organismo per rimandarle "riabilitate" al paziente. 6) Analisi del capello: è una specie di biorisonanza che evidenzierebbe le "dissonanze" memorizzate nel capello e dovute all'intolleranza alimentare. 7) IgG e immunocomplessi circolanti: si baserebbero sull'ipotesi che non tutte le reazioni immunologiche siano IgE mediate.

Complessivamente sono tutti test assolutamente non validati dalla scienza medica ufficiale. 
Nel caso specifico questi test, eseguiti purtroppo in maniera diffusa su tutto il territorio nazionale, sono da considerarsi vere e proprie truffe perpetrate spesso ai danni di soggetti in condizioni di “debolezza” anche culturale. Oltre al danno economico immediato
(ovviamente sono quasi tutte prestazioni di tipo privato) accentuato dal fatto di dover acquistare cibi e/o farmaci “naturali”, tali  test sono spesso responsabili di altri danni: psicologici, sociali ed anche clinici. Infatti, ad esempio  nei bambini, sono stati pubblicati casi di rachitismo o di carenza proteica dovuti a tali diete assolutamente incongrue e non giustificate. Un corretto comportamento medico non deve considerare valide in alcun modo queste tecniche diagnostiche e non può escludere indiscriminatamente  (soprattutto
in età evolutiva) interi gruppi di alimenti (latte, uovo, pomodoro) senza fondate motivazioni scientifiche. Tanti sintomi sopra riportati scompaiono dopo un corretto stile alimentare e in caso di sovrappeso/obesità sarebbe sufficiente ridurre le quantità di cibo,
modificare errori o “distrazioni alimentari” ed escludere alimenti confezionati del commercio contenenti additivi. Troppo semplice? A giudicare  dal fatturato legato alle presunte intolleranze alimentari sembra proprio di no!

Luna, agricoltura... e capelli



Tra gli appassionati di astronomia, è ricorrente e diffuso un sentimento di stizza e indignazione contro l'astrologia e le sue bufale, tanto da varare un'apposita campagna contro: "Astrologia? No, grazie!".

Non c'è invece una presa di posizione chiara, verso quella correlata tendenza new age che, seppure con il beneficio del dubbio, riconosce qualche "credito" a diffuse credenze popolari, relative agli effetti della Luna su svariati fenomeni biologici e, in particolare, sulle attività agricole. Per tale motivo, mi auguro che le seguenti riflessioni contribuiscano a fare chiarezza sull'argomento.
L'unico modo certo, con cui la Luna interagisce con la Terra, è tramite la forza gravitazionale e la luce (quella solare riflessa). Della prima, la conseguenza più nota è la trazione cui è sottoposta, con effetti diversi, la superficie terrestre. Tali effetti sono rilevanti per le masse fluide, che subiscono deformazioni rilevanti (decine di cm ad ogni passaggio lunare): è il ben noto fenomeno dell'alternanza delle maree che, in certi casi e in prossimità delle coste, provoca variazioni di livello oltre 10 metri. Tutti gli esseri viventi che vivono in tali ambienti risentono fortemente dell'alternanza mareale e ogni loro comportamento, sia alimentare che riproduttivo, ne viene ovviamente influenzato ma si tratta di un'influenza indiretta. In altre parole, l'orologio biologico di questi organismi è sincronizzato sull'andamento della marea, senza che la Luna influisca direttamente su di loro.

Dell'illuminazione lunare notturna, gli unici effetti documentati su organismi viventi riguardano l'induzione di movimenti automatici nei vegetali (tropismi) e la modulazione del comportamento riproduttivo di alcuni organismi acquatici. La luce della Luna, anche in fase piena, è infatti troppo debole per alimentare la fotosintesi clorofilliana o per alterare significativamente il ritmo dei processi bio-chimici.

Nonostante ciò, la tradizione popolare attribuisce ogni sorta d'influsso alla Luna. Le sue fasi, secondo tali credenze, influenzerebbero:
(a) la fertilità delle donne;
(b) la durata della gravidanza e la data del parto;
(c) la crescita dei capelli e delle unghie;
(d) la germinazione dei semi e la crescita delle piante e dei funghi;
(e) il successo di molte operazioni agricole (semina, svinatura, potatura, trapianto, innesti, etc.);
(f) la preparazione dei cibi conservati.
 La mitologia lunare sulla fertilità femminile è diffusa in ogni cultura eppure, l'idea che il ciclo mestruale della donna sia sincronizzato con la Luna, è tanto comune quanto falsa. Il ciclo mestruale medio dura 28 giorni, quello sinodico 29 e mezzo: questi valori, per quanto sembrino vicini, non sono in fase. Nell'arco di soli 2 mesi si sfaserebbero già di 3 giorni; dopo 10 mesi di circa 15, ovvero sarebbero in corrispondenza completamente opposta. Che la supposta correlazione sia inconsistente, è deducibile da 2 semplici osservazioni:
1) tra gli animali più affini alla nostra specie (scimmie antropomorfe), le femmine di scimpanzé hanno un ciclo medio di 36 giorni, quelle di bonobo di 45 e quelle di gorilla 30;
2) se il ciclo femminile fosse davvero sincronizzato con la Luna, tutte le donne avrebbero le mestruazioni simultaneamente, cosa che evidentemente non accade.


Anche l'opinione diffusa, riguardo l'influenza sulla gravidanza e il parto, non trova riscontri statistici: indagini condotte su decine di migliaia di nascite, avvenute nell'arco di diversi anni, non mostrano significative variazioni nel numero degli eventi, né alcuna differenza di sex ratio, in corrispondenza di una particolare fase lunare. Le tradizioni contadine del passato tenevano in gran conto le fasi lunari, per determinare il momento più adatto ad ogni operazione colturale. In realtà, non esiste alcuna prova di tale influsso sulla germinazione dei semi o sulle fermentazioni. Infatti, l'influsso gravitazionale è da escludere, visto che la Luna transita al meridiano ogni giorno, indipendentemente da quale sia la sua fase; mentre l'influenza della luce lunare, pur dipendendo molto dalla fase, appare ancor più labile ove si consideri che il vino o le conserve, generalmente, sono tenuti in cantine e dispense, dove la luce lunare non può giungere. Per ciò che riguarda la crescita di capelli, peli ed unghie, la correlazione appare altrettanto infondata. Semmai, tali fenomeni fisiologici sono influenzati da fattori ben più concreti, come i cicli ormonali. La maggior parte di queste leggende è improntata a un fondo comune: ciò che deve crescere e svilupparsi si deve avviare con la Luna crescente; mentre per ciò che deve fermarsi, raggiunto un limite, si deve aspettare la Luna calante. E' facile riconoscere in queste regole il retaggio di un antico pensiero magico e simbolico, che nulla ha a che vedere con la realtà dei fatti concreti. Non basta che milioni di persone siano disposte a giurare: "abbiamo sempre fatto così e ha funzionato bene". I dati di fatto dimostrano che, se si provasse a invertire il criterio o a ignorarlo del tutto, i risultati sarebbero analoghi.
Non c'è bisogno di scomodare istituti di ricerca o il CICAP, per smontare le tesi del Barbanera (con buona pace dei fans). Non occorre tanta statistica, per ponderare l'influenza della luna sulle coltivazioni né, tantomeno, per confutare i consigli del Frate Indovino che, attribuiti all'antica saggezza popolare, spuntano sempre più spesso sui manuali di orticoltura fai-da-te, anche di pubblicazione recente. 
[fonte: Uai]